
Follia creativa e Scenario Analysis
- On 29 三月 2016
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Questo racconto che ho scritto qualche anno fa intende mettere a confronto i differenti ruoli della creatività e dell’analisi numerica nella determinazione dello scenario di mercato, il primo step dello strategy design.
Milano, 23 settembre 2011, pizza da Arturo con il mio amico Giovanni.
“Giovanni, non ne posso più. Lo sai come la penso, sono da sempre un liberale-liberista e delle tue idee dirigiste non condivido pressoché nulla. Ogni volta che ci vediamo mi rompi le scatole con gli stessi concetti.”
“Facciamo una cosa Tancredi, perché non giochiamo su questa nostra diversa visione del mondo? Proviamo a scrivere come sarà il futuro sulla terra, chessò, nel 2030, cercando magari di mettere elementi sia della mia, che della tua cultura di riferimento. Sì, proprio un racconto di fantaeconomia, e tra un paio di settimane ce li scambiamo, così per ridere e per arricchire le nostre riflessioni di nuovi elementi. Ti va?”
“Ci sto, ma tu sei avvantaggiato, io sono un ingegnere, tu un giornalista, mi straccerai di sicuro…”
“Non è mica una gara, è un gioco.”
“Ah già, dimenticavo che per te la competizione è pericolosa e andrebbe bandita dal mondo!”
15 giorni dopo in pizzeria.
“Eccoci qui, ti sei impegnato?” “Certo, ti ho proposto io il gioco.” “Chi comincia?”
“Inizia tu, Tancredi.”
“Bene, questo è il mio racconto, s’intitola Moontropolis. Lo sforzo più grande è stata la parte…“statalista”, come puoi immaginare!”
“Sono tutto orecchi, anzi antenne.”
2030. 18 Maggio. Luna. 61 anni dopo lo sbarco sulla luna dell’Apollo 11 eccoci qui di nuovo. Io, Tancredi Watson, figlio di padre inglese e di madre italiana, faccio parte del primo gruppo di coloni sbarcati sulla luna. Per viverci.
L’agenzia dell’ONU preposta a negoziare con i vari paesi tutti gli aspetti del progetto mi ha selezionato. Motivazioni, titoli, requisiti fisici e psicologici, età, nazionalità, punteggi realizzati al concorso, questi i criteri di scelta.
Sono con altre 999 persone provenienti da tutto il mondo, gruppo la cui com- posizione è il frutto di un complicato algoritmo, a sua volta influenzato da anni di negoziati economici e politici tra i vari stati. Mi trovo qui insieme ai miei compagni di melting pot per salvare la terra o, alla peggio, vista la lunga durata dell’esperimento, anche per salvare me stesso e la mia famiglia. Sì, faccio parte della categoria nuclei familiari, sono qui con mia moglie Laura e nostro figlio Bartolomeo. La situazione è così difficile nel nostro pianeta che l’ONU, di fronte all’evidente impossibilità di risolvere conflitti, abbattere inquinamento, carestia, sovraffollamento, decise 10 anni fa di fare un esperimento, creando un laboratorio sociale. Una Città della Luna, con meccanismi di convivenza e meritocratici originali. Per anni ci sono stati i viaggi dei tecnici che hanno trasportato e montato la città, integralmente prefabbricata, e la calotta che la copre. Lo schema urbanistico è semplice, cerchi concentrici lungo arterie o raggi di 1.500 m, per una superficie complessiva di circa 7 kmq e una densità di 142 abitanti per kmq. La città calotta è programmata per crescere del 50% fino a 1.500 abitanti, corrispondenti ad una densità di circa 200 persone per kmq. Nel frattempo si costruirà un’altra calotta comunicante e così via.
La vita sociale è regolata secondo principi semplici: la lingua ufficiale è l’inglese, esiste un comitato elettivo di 10 saggi che decide e governa la città. I principi co- stituzionali e gli aspetti più importanti sono però stati concordati e decisi dall’ONU sulla terra, cui la città della luna è collegata in maniera concettualmente e visivamente simbiotica, visti gli scopi dell’esperimento. Dalla terra tutti possono vedere in tempo reale sui loro schermi le scene di vita di questo irreality show su www.moontropolis.com, come fosse uno spot continuo on demand del vivere bene in comunità, sia per influenzare positivamente il vivere sulla terra, sia per attirare nuovi candidati a raggiungere Moontropolis.
Sì, perché la crescita demografica non è delegata alla sola procreazione, ma anche ai nuovi arrivi dalla terra. Ogni anno 20 nuovi “lunari”, scelti sempre secondo i noti criteri, arrivano a Moontropolis.
Esistono le classi culturali, vale a dire che le differenze si giocano sulle conoscenze e sulle competenze, oltre che sul Q.I. Anche perché a Moontropolis non si produce nulla di fisico, ci sono solo professioni intellettuali e servizi, sia per il bacino ristretto dei lunari, sia per i terrestri. Servizi in questo caso erogati tramite la rete multimediale terra-luna. Gli alloggi sono assegnati con mutui al 100%.
A Moontropolis ci sono un ospedale, una farmacia, navette pubbliche, ristoranti, cinema, bar, una banca, negozi.
Le persone sono libere di mantenere attività sulla terra e di gestirle in remoto. Per gli equilibri psicologici delle persone e per gli alti costi, i lunari possono tornare sulla terra solo ogni 3 anni, contribuendo proquota alla copertura dei costi insieme all’ONU attraverso il programma New World. Allo stesso modo i terrestri possono visitare la città, come se Moontropolis fosse una meta turistica. Ogni anno una navetta porta una ventina di terrestri sulla luna per qualche giorno.
I contatti avvengono però giornalmente attraverso la Rete.
Non si sta male a Moontropolis, diciamo che ci si deve abituare. Conta molto lavorare intensamente e nei momenti di nostalgia aggrapparsi a quel viaggio che ogni 3 anni ti riporta in visita sulla terra.
Perché io, ingegnere, molto quadrato, anzi, con i piedi per terra, ho deciso di andare sulla luna? Che cosa mi ha spinto a una scelta così radicale? Osservare Il nostro bel paese invecchiare sempre più e diminuire la sua propensione al rischio, oltre che la sua capacità di innovare, mi disturbava. Negli altri paesi occidentali non è che le cose andassero meglio. Solo la Germania riuscì a mantenere slancio e la sua proverbiale solidità, mentre gli USA concentrarono tutto sul business militare e sulle tecnologie. Insomma, i nuovi dominatori erano Cina e India.
Un giorno al telegiornale annunciarono l’inizio del programma ONU New World e lì, in quel preciso istante, ne feci una fissazione, un obiettivo di vita. Dieci anni di calvario e poi il risultato. Eccomi qui. Peraltro gli affari mi vanno benissimo, considerato che ciascuno dei 1.000 lunari ha una popolarità immensa sulla terra e molti clienti si contendono le loro consulenze e i loro servizi. Io stesso eseguo molte perizie, studi che vendo a prezzi…galattici, s’intende. È molto cool dire “ sai, il mio avvocato lunare mi ha consigliato…”.
In generale, è vero che siamo qui come cavie per riprodurre sulla terra, opportunamente adattato, il modello di convivenza nato in questo laboratorio, tuttavia credo che sempre più persone si sposteranno qui e che verranno costruite altre calotte. Ora sorrido alle parole di una vecchia canzone interpretata dal grande Sinatra: “Fly me to the moon…”
“Accidenti Tancredi, bello, mi è piaciuto molto. Non me lo aspettavo da te un racconto di questo tipo.”
“Grazie, ma ora tocca a te Giovanni, vediamo che visionario sei.”
“Okappa, procedo!”
“Ladies and Gentlemen, the winner of the Economartist 2030 is Mr. Giovanni Tognoni!” Wow, ragazzi, con gamba tremante e lacrime e sorriso salii sul palco. Dopo la stretta di mano, ascoltai il presentatore leggere la motivazione del premio: “The worldwide jury gave Mr. Tognoni 57 million votes, which makes his business invention “Multicar” the number one. Through easy commands the car can turn into 4 different vehicles: van, cabrio, city, sports car. Even more important…this car can be turned into a single’s emergency flat, complete with bed, basin, refrigerator and cooker. This invention is changing the real estate market for students, as the priority in our times is to study at the top universities, and the more you can save to pay the cost of knowledge, the better. That’s why Multicar is extremely popular among young people.”
Insomma sono diventato un divo del business, principalmente per un motivo: nel 2030 chi ha successo negli affari è un artista. Il mondo occidentale ha una tale overcapacity produttiva e i consumi sono così personalizzati, che i numeri e le classiche metodologie manageriali non sono sufficienti per decodificare la realtà e dare delle risposte adeguate.
Solo l’intuito, la fantasia e il guizzo viaggiano alla velocità dei consumi, sempre più volubili. Finalmente il potere al talento! Sono sempre stato affascinato dal talento, dal dono naturale, genetico di saper fare qualcosa in modo eccelso. Ammiro il talento, sia esso espresso attraverso una sinfonia di Mozart, un giro di pista di Ayrton Senna, una pagina di Milan Kundera, una tela di Egon Schiele, un goal di Maradona… ma più ancora ammiro coloro che lo meritano, avendo piena consapevolezza della loro fortuna e mettendo grande impegno per affinarlo e non sprecarlo. In questi casi il talento diventa un patrimonio al servizio dell’umanità, e quindi una responsabilità, prima ancora che un dono. Credo in una società che favorisce l’espressione del talento. E chi non ne ha che fa? In una società libera può beneficiare del talento altrui, impegnarsi e accettare serenamente la propria splendida normalità. Non necessariamente talento è sinonimo di felicità…
Ed io, ne avevo? Certo non come giornalista, mestiere che era un disastro già ne- gli anni ‘20, e che così decisi di abbandonare. L’idea giusta, un po’ di fortuna, gli incontri adeguati, il credito accessibile…insomma, un’incredibile concomitanza di circostanze favorevoli mi trasformò in un imprenditore di questa start-up, Chameleon vehicles s.l., localizzata in Spagna, visto che avevo sposato Lorena, una bella barcelloneta. In questo mondo impazzito come un videogame non mi fu difficile passare dai grandi ideali al disincanto, per certi versi necessario per fare l’uomo d’affari. Tuttavia, qualcosa di quei riferimenti, che oggi mi paiono antichi, c’è dentro la mia multicar, è la cultura on the road. Senza contare che una multimacchina- roulotte a 30.000 € svolge un compito sociale importante…no?
E va bene, non l’ho fatto per questo, ma quel che conta è il risultato!
Come si cambia, parlo come un mio amico, Tancredi, con una visione del mondo diametralmente opposta alla mia.
Comunque, dall’Italia alla Spagna, premiato dal mercato americano per un prodotto fatto in Cina…non male.
Anche se le cose a me vanno bene, non posso non notare che nel mondo è aumentata l’aspettativa di vita, la medicina ha fatto progressi incredibili, però c’è meno felicità, più inquinamento dell’aria e dello spirito.
Se solo potessi tornare indietro nel tempo…
“Credevi eh? Eccomi qua, back to the past per fortuna! Proprio fantascienza il mio raccontino!”
“Ma bravo, mi sembrava strano che il tuo futuro potesse essere quello che descrivevi nel tuo racconto. Carino. In effetti, entrambi abbiamo introdotto nel gioco ciò che consideriamo il peggio delle nostre rispettive culture di riferimento. Il risultato è stato lo stesso…”
“Già, uno strano risultato il 2030 che ci aspetta. Però ho imparato che giocando ci siamo liberati di alcuni preconcetti.”
“Non è bastato a salvare la Terra.”
“Consoliamoci, è un pessimismo di fantasia, e se invece cambiassimo realmente il corso degli eventi? Abbiamo vent’anni di tempo. Immagina come sarebbe bello in una sera d’estate del 2030 guardare la luna piena, disabitata, ovviamente. Faccia- molo qui un altro pianeta.”
Postfazione
Esercitarsi nel prefigurare scenari futuri, come scherzosamente ho fatto in questo racconto, costituisce nel mondo aziendale un lavoro tecnico che codifica la cosiddetta visione imprenditoriale. I due approcci rappresentati nel racconto, vale a dire quello razionale-numerico e quello emozionale-intuitivo, sono degli estremi inadeguati. Oggi, per comprendere la realtà servono sia metodo analitico sia creatività. Definire con cura possibili scenari futuri è il primo passo per costruire strategie vincenti.
Francesco Orlando