InnOvazione
- On 6 September 2011
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- Innovazione
Il mio assistente, Valerio, mi ha chiesto di scrivere come compitino per le vacanze un articolo sull’innovazione da utilizzare poi nella nostra comunicazione da divulgatori dei valori dell’impresa moderna, creativa, coraggiosa. Confesso però che Il tema ormai mi annoia, perché tutti se ne riempiono la bocca da anni ma poi in Italia di innovazione se ne fa poca. L’innovazione fa paura, costa parecchio e non dà garanzie di ritorno sull’investimento, è difficile da gestire, da proteggere legalmente e commercialmente. Eppure creare e realizzare nuove idee è semplicemente entusiasmante, è il sale stesso del ruolo imprenditoriale. Un imprenditore non può definirsi costantemente tale se a un certo punto si siede sui successi passati e non crea più nuovi prodotti o servizi. In qualche modo smette temporaneamente di essere imprenditore e diventa “prenditore”, ma a furia di prendere l’azienda si consuma, così come la sua spinta verso il futuro.
Credo che questa crisi di vocazione imprenditoriale sia dovuta a una crisi di valori, che porta ormai a ragionare sempre più spesso in termini meramente materialistici e di breve periodo. Un terreno etico, questo, di scarsa qualità che non può produrre grandi idee e l’entusiasmo necessario per realizzarle. Il vero imprenditore non è interessato al profitto, se non come naturale conseguenza del suo lavoro ben fatto; è invece interessato a costruire, investire, mettere in pratica, fare, vedere le sue idee vincere nei mercati sotto forma di prodotti concreti.
Vediamo ora di intenderci sul termine “innovazione”. Molti analisti e commentatori del mondo impresa si concentrano sul prodotto; altri, seguendo un approccio più olistico, parlano anche di processo, di servizio, di mercato, ecc. I più lo fanno coincidere con tutto ciò che è tecnologia.
Per me innovare significa rischiare, immaginare, ricercare nuove soluzioni per migliorare la vita dei clienti. Innovare è una sorta di stato mentale di grazia, un moto perpetuo verso il futuro, un ottimismo contagioso sulle possibilità dell’uomo e della scienza. Ebbene, questi uomini portatori di tali valori oggi sono eroi moderni, cui si oppongono la burocrazia, l’invidia, lo scetticismo, la paura del nuovo, i concorrenti e, talvolta, i collaboratori. In altre parole, il vero innovatore è un incompreso, è solo. Il tasso complessivo di innovazione della società ne risente, ovviamente. Molti dicono che mai come negli ultimi decenni, rispetto alla storia, abbiamo avuto progresso in ogni campo delle scienze e delle arti. Non sono completamente d’accordo. Primo, si deve tener conto che sono semplicemente aumentate molto la comunicazione, l’enfasi e quindi la consapevolezza riguardo a ogni invenzione; secondo, alcune scoperte importanti come internet o il 3D in realtà sono vecchie di decenni. Insomma, sono deluso…da bambino pensando al 2000 mi immaginavo convivere con i robot, viaggiare su auto volanti, mangiare pillole energetiche al posto della pasta, usare micro computer sotto pelle e comunicare attraverso ologrammi in tutto il mondo. Ebbene, i robot esistono al massimo in cucina e forse alla NASA, le auto viaggiano sempre a benzina e su gomma, le pillole pasto le prendono solo gli astronauti, i computer sono arcaici oggetti con tastiere da sbatacchiare e la larghezza di banda per le comunicazioni mobili è ridotta, al punto che si riescono a trasferire solo delle foto o dei piccoli filmati, altro che ologrammi. In altre parole molte invenzioni sono state solo incrementali, l’I-pod di oggi era il walkman di 30 anni fa.
L’innovazione è frenata; ma che ci vuole a produrre vestiti leggeri con dei chip in grado di far cambiare i colori e le temperature corporee in estate e in inverno? Che ci vuole a progettare telefonini che traducano in tempo reale quello che diciamo al nostro interlocutore cinese, senza bisogno di seguire 1.000 ore di lezioni di mandarino? Che ci vuole a fare computer che gli parli invece che premerne i tasti? Possibile che ci vogliano ancora 8 ore di volo per andare a New York? Ancora con la carta moneta…troppo complicato fare tutto con le carte di credito? Ci portiamo dietro mille chiavi, la porta di casa non potrebbe riconoscere la mia iride e aprirsi dicendomi “buongiorno Francesco”? La macchina ha davvero bisogno che la guidi? Non sarebbe meglio se me ne stessi seduto sul sedile posteriore a lavorare mentre lei mi porta automaticamente dal punto A al punto B? Per l’AIDS non si è trovato un vaccino, dopo quasi 30 anni di ricerche e immensi capitali spesi. Non vi pare incredibile che ancora oggi molte persone muoiano di fame? E con la spazzatura di Napoli come la mettiamo? Potrei andare avanti con molti altri esempi. La mia vuole essere chiaramente una provocazione, ma questa lista riguarda tutta roba per cui ci sarebbe grande domanda di mercato! Per questo guardo con simpatia a Bjork che ha inventato un modo nuovo di fare musica, a Valentino Rossi, un nuovo tipo di campione moderno, a Steve Jobs che innova senza innovare, al fotovoltaico, alla scarpa che respira, all’airbag, agli e-book, all’e-commerce. Tutti esempi frutto di idee e coraggio degli individui e delle aziende; ma dove l’innovazione è stata realmente vincente e strutturale? Personalmente non ho dubbi: medicina e industria militare sono gli ambiti dove sono stati fatti i maggiori progressi negli ultimi decenni. Perché? Si tratta di settori strategici e che coinvolgono emotivamente molto le persone, i loro terreni sono, infatti, le guerre e le malattie. Per il militare, va ricordato che molte innovazioni hanno avuto applicazioni civili molto importanti per l’umanità. Per questi motivi gli investimenti governativi sono stati e continuano a essere massicci. Innovazione di Stato, allora? “Nì”. In Italia la spesa per Ricerca e Sviluppo è circa l’1% del PIL, suddivisa a metà tra investimenti privati e pubblici, mentre la media dei paesi UE è il 2% ed USA e Giappone sono a poco meno del 3%…il Governo potrebbe almeno incentivare e defiscalizzare gli investimenti in ricerca e sviluppo delle imprese. In effetti, le aziende di successo dedicano risorse ingenti alla Ricerca, vari punti percentuali sopra la media dei loro settori di riferimento. I paesi, invece, non sempre ottengono risultati corrispondenti, si guardi appunto alla crisi di USA e Giappone, anche perché le logiche degli investimenti non sono in tutti i casi di mercato, ma politiche; in genere, però, la spesa in campo infrastrutturale, tecnologico e militare genera nel medio-lungo termine modernizzazione e indotto, quindi aumento di PIL.
Il maggior beneficio dell’innovazione rimane però quello dello spirito pioneristico e creativo collettivo, quello che quando fai una scoperta ti fa gridare: eureka!